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Il Ciarforon (m 3642) non è
certo una montagna che ha bisogno di presentazioni. La sua parete nord,
che domina con il suo caratteristico aspetto la testata della
Valsavarenche, è molto nota tra gli alpinisti, soprattutto per due vie
che la percorrono: la normale (opportunità ideale per chi vuole provare
le prime emozioni su una parete ghiacciata) e la via Chiara che ancora
oggi, nonostante le trasformazioni subite da tutte le pareti ghiacciate,
costituisce una bella, per quanto breve, salita su un seracco. Ma, come
tutte le montagne del gruppo del Gran paradiso che si trovano al confine
tra la Valle d'Aosta e il Piemonte (Valle dell'Orco), il Ciarforon
presenta una faccia rocciosa, molto meno nota e assolutamente meno
frequentata. Si tratta delle pareti S ed E, di roccia cattiva e
decisamente poco attraenti, ma comunque percorse da
due vie (del celebre Aldo Bonacossa con diversi compagni) destinate a non
essere quasi mai percorse. Le due pareti sono separate da una cresta, la
cresta sud-est appunto, che, invece, è di roccia solida e presenta un
itinerario molto bello per quanto non difficile (III, qualche passaggio di III+).
Il piacere di salire questa via non consiste comunque nelle
difficoltà dell'arrampicata, ma nella realtà ambientale in cui si è
immersi, lontanissimi dal fondovalle rumoroso, nella grande solitudine dei
valloni meridionali del gruppo del Gran Paradiso, nell'incontro con
stambecchi e camosci, persino nella lunghezza complessiva dell'itinerario,
che favorisce un'immersione più profonda nella natura della montagna.
Innanzitutto bisogna salire al Bivacco Ettore e
Margherita Giraudo che sorge a m 2630 nell'alto Vallone del Roc (6 posti).
Per raggiungerlo si parte dalla frazione Prese (m 1501) di Ceresole Reale;
lungo una bella mulattiera (indicazioni) si arriva al Colle Sià (m 2274 -
2h), da cui si gode un'ampia vista sia in direzione della sottostante
Valle dell'Orco che del vallone del Roc, dominato dalle rossastre pareti
del Ciarforon, della Becca di Monciair, dei Denti del Broglio e della
vicina Cima di Courmanon. Ci si inoltra nel vallone, che si percorre
lungamente con alcuni saliscendi fino alla bella conca dell'alpe Breuillet
(m 2250). Si sale al pianoro superiore e poi a quello dove si trova il
piccolo lago della Piatta, a breve distanza dal quale è posto il bivacco
(1,15h). L'ambiente circostante ha una sua bellezza particolare, aspra e
selvaggia, solitaria e silenziosa; verso sera è facile osservare i
movimenti degli stambecchi sulle rocce intorno al bivacco.
Il giorno successivo si segue la mulattiera che
conduceva all'antico appostamento di caccia della Torre fino a circa 2800/2900
m; per valloncelli morenici e gande si guadagna la morena sinistra (or.)
del piccolo ghiacciaio del Broglio su cui si pone piede per raggiungere
alla fine il Colle della Torre (3185 m - 2h). Qui inizia la via. Dopo un
tratto facile, ci si trova davanti ad un salto rossastro di una ventina di
metri, verticale ma appigliato. Nella sua guida, Giancarlo Grassi lo dà
di II ma a me è sembrato (sarà stato il peso dello zaino o l'impaccio
del primo mattino) ben più impegnativo. Si arriva quindi ad una grande placca
verticale che sbarra la via: spostandosi una ventina di metri a sinistra
(versante Broglio) si supera l'ostacolo cercando la via più agevole (noi
abbiamo superato un diedro di III) e riportandosi poi a destra sul
filo che si segue con bella arrampicata: tratti più facili, su grandi
blocchi (II), si alternano a passaggi più difficili (III/III+). Molto
bello è il superamento di una torre rosso chiaro caratterizzata a
sinistra da una grande placca adagiata nel mezzo della quale si apre una
terrazza-nicchia seguita da una fessura molto netta che riporta sul filo.
Proseguendo lungo la cresta, si raggiunge una zona di rocce grigie: salire
obliquamente verso destra una fascia di placche fessurate che conduce ad
uno spigolo secondario che scende dalla vetta. Superare poi un passaggio
leggermente strapiombante (III+) un po' a sinistra del filo e proseguire
per rocce più facili verso la cima ormai vicinissima. Per raggiungerla
occorre spostarsi a destra (versante Ciamosseretto) e superare una
paretina ben appigliata ma assai esposta (qualche appiglio mobile),
uscendo a pochi metri dall'ometto della vetta (4/5 ore).
La cresta ha un dislivello di 460 metri, ma uno sviluppo maggiore. Lungo
la via ci sono pochissimi chiodi, quindi occorre portare il materiale
(chiodi, oppure nut o friend a seconda delle proprie
"filosofie") per l'assicurazione. A proposito delle
difficoltà: le guide che ho consultato indicano un solo passaggio di III+
(quello strapiombante dopo le rocce grigie): a noi pare di averne
incontrato qualcuno in più.
La discesa è un po' un'odissea. Bisogna seguire la
cresta nord-est in direzione del Colle di Moncorvè (3294 m): dapprima la
cresta è costituita da un ripido pendio di neve e ghiaccio (ramponi e
piccozza sono necessari) poi da alcuni salti rocciosi non difficili ma
lungo i quali occorre cercare il percorso migliore. Poi si aggirano tre
spuntoni sul versante Moncorvè e, poco prima di arrivare al colle (1h),
si scende una fascia di detriti e si pone piede sul piccolo ghiacciaio di
Ciamosseretto; si prosegue la discesa oltre il ghiacciaio fino al canale
che sale al Colle della Torre (inutile farsi tentare da scorciatoie per
non perdere troppa quota), cui si giunge per detriti e senza difficoltà
(1h). Ora non resta che tornare al bivacco (1h) per l'itinerario che si è
percorso all'andata e quindi a Ceresole (2h). Ho riportato i tempi delle
guide; in realtà noi ci abbiamo messo di più. Eravamo stanchi, è
vero, ma l'intero percorso è molto lungo e non sempre evidente. Insomma:
bisogna muoversi in un ambiente poco battuto, privo di tracce o di
segnalazioni. Il che ha il suo bello, ma anche i suoi inconvenienti.
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BIBLIOGRAFIA:
Giulio
Berutto: IL PARCO NAZIONALE DEL GRAN PARADISO, volume I - Ist. Geografico Centrale,
1979
E.Andreis,
R.Chabod, M.C.Santi: GRAN PARADISO - CAI/TCI (Guida dei monti d'Italia),
1980
Gian
Carlo Grassi: GRAN PARADISO E VALLI DI LANZO - Zanichelli, 1982 |