Bognanco:
il nome non mi era sconosciuto. Lo associavo a quello di un’acqua
minerale, ma non sapevo dove si trovasse quel posto e nemmeno avevo
mai cercato di capirlo. Poi, l’anno scorso (2002), quel nome mi si
è riproposto in ben due occasioni e ogni volta associato all’idea
di una bella gita in montagna. La prima volta fu al termine della lunga
traversata dall’Alpe Pozzolo all’Alpe Ragozzale: eravamo giunti a
Trontano e dovevamo tornare a Beura, dove avevamo lasciato la macchina.
In mancanza di altri mezzi di trasporto, mi affidai all’autostop,
lasciando il mio compagno un po’ incredulo ad attendermi poco fuori
del paese. Non si fermava nessuno: quel tipo non più giovane, con
l’aria disordinata e gli scarponi ai piedi, non convinceva nessuno.
Finalmente si fermò un generoso abitante dei luoghi; si interessò alla
mia gita e mi parlò della sua valle: la Val Bognanco appunto: “Ci
sono gite molto belle, venga a trovarci qualche volta”. Un mese
dopo ero in cima al Monte Lariè con gli amici del Gruppo Escursionisti
della Val Grande: furono alcuni di loro a indicarmi un po’ di mete tra
i monti che ci stavano davanti, proprio alla testata della Val Bognanco. E lì decisi che una capatina
da quelle parti dovevo farla. Ho
incominciato a consultare le carte e la guida del CAI, facendo qualche progetto. Poi ci si è messo di mezzo il
ginocchio destro e ho dovuto farmi operare il menisco. Dopo alcuni mesi
di sosta forzata e un po’ di
convalescenza sui monti di casa (tra Erba e Lecco, per intenderci), avevo
finalmente deciso che era giunto il momento per un’escursione un po’
più lunga e la Val Bognanco è saltata fuori a proposito con questa
bella gita ad anello caratterizzata da un dislivello contenuto.
La
salita alla Cima Verosso (m 2443) è la gita più breve tra quelle presentate in
questo sito, ma non per questo mi pare meno degna di comparirvi. Il
panorama che si gode dalla vetta è di grande bellezza: ad ovest lo
sguardo è immediatamente attirato dal trittico dei quattromila del
Sempione: Weissmies, Lagginhorn, Fletschhorn; a nord, oltre il profilo
delle montagne più vicine, si ammira la distesa glaciale del Monte
Leone; a sud-est svetta la mole del Pizzo d’Andolla e, più lontano,
un po' defilato, appare il Monte Rosa, di cui si distinguono le quattro cime. Verso est le
montagne della Val Grande, della Val Strona, della Val Vigezzo si
stendono come una corona a chiudere il cerchio verso la pianura. In
autunno, il giallo squillante dei larici aggiunge una nota di colore particolarmente suggestiva.
Il
percorso proposto, privo di difficoltà, è ad anello: la salita si
svolge lungo il crestone orientale della Cima Verosso, la discesa lungo
la dorsale nord fino alla Bocchetta di Gattascosa dalla quale, passando
per l’omonimo rifugio e per il vicino lago di Ragozza, si rientra la
punto di partenza, presso la chiesetta di San Bernardo, raggiungibile da
Bognanco lungo una comoda stradina asfaltata.
Da
Domodossola, seguendo le indicazioni, si entra in Val Bognanco e si
raggiunge Bognanco Terme; da qui si prosegue con diversi tornanti
fino a San Lorenzo di Bognanco (m 980), in bella posizione aperta sulla
valle. La
strada asfaltata prosegue per altri 8 km e raggiunge la chiesetta di San
Bernardo (m 1628), posta su un’ampia sella coperta di larici da cui si
entra nel vallone che culmina con il Passo di Monscera. Oltre la
chiesetta la strada procede sterrata e conduce, dopo duecento metri, ad un
ampio parcheggio.
Si
attraversa l’ampio piazzale del parcheggio e, volgendo a destra, si
inizia a salire lungo la cresta boscosa (all'inizio il sentiero non è molto
evidente e manca un cartello indicatore, che invece si trova
all’inizio del piazzale), raggiungendo in pochi minuti una presa
dell’acqua in cemento armato (primo segnavia giallo-rosso). Oltre la
piccola costruzione il sentiero si fa evidente e, anche se le
segnalazioni sono poche e un po' scolorite, si segue facilmente. La salita non
pone problemi di orientamento perché si svolge tutta lungo il crestone orientale della
montagna, bello e panoramico. A 1930 metri il
sentiero passa sulla sinistra della cresta e riguadagna il filo, ormai
privo di alberi, a 2020 m. Più in alto si giunge ad una larga sella
pianeggiante (m 2200 c.a). La cresta è ora molto larga: tenendosi verso
il bordo destro (tracce di sentiero tra erba e solidi ghiaioni; ometti e
segnavia giallo-rossi), si raggiunge la quota 2361, culmine della Costa
del Dente, che sale da sinistra (e che nell’ultimo tratto può essere
salita con percorso facile su alcuni solidi roccioni). Da qui alla cima
si segue il filo di cresta, ora più stretto e ben definito. Il primo
tratto è pressoché pianeggiante: all’inizio si procede su blocchi
rocciosi facilissimi, poi ci si tiene a sinistra del filo (tracce di
sentiero),
sul ripido fianco erboso della cresta (si può anche stare sul filo, ma
occorre superare qualche facile passo di arrampicata). Un’ultima
impennata su detriti saldi e qualche macchia erbosa conduce alla
panoramica vetta, caratterizzata da due grossi ometti di pietre e da una
piccola croce (ore 2,30).
Discesa;
verso nord-ovest ci si porta sulla quota 2407 dalla quale ci si abbassa
lungo la dorsale nord: ometti, segnavia giallo-rossi, tracce
di sentiero sulle macchie d’era e detriti conducono alla vicina
Bocchetta di Gattascosa (m 2158 - ore 0,35). Piegando a destra si scende il
valloncello sottostante tenendosi sulla sinistra. Ben presto il sentiero
scavalca la costola che lo delimita a sinistra e si raggiunge il Rifugio
Gattascosa (m 1993 - ore 0,15; il rifugio, oltre che durante il periodo estivo, è
aperto anche nei fine settimana del resto dell’anno; per
informazioni: 0324.44804). Da qui (cartelli indicatori) si prende verso
destra un buon sentiero segnalato (segnavia bianco-rossi) che conduce
dapprima al bel laghetto di Ragozza (m 1958) e poi,
passando anche attraverso il piano acquitrinoso dell’Alpe Ridorosso (m
1890), a San Bernardo (ore 0,50).