La cappella del Pizzo Marona,la Scala Santa e il Passo del Diavolo
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La cappella del Pizzo Marona come appare oggi
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Per quanto riguarda la cappella del Pizzo Marona, riporto le notizie presenti sul sito del progetto “comuniterrae.it”, nato dall’accordo tra dieci comuni i cui territori fanno parte del Parco Nazionale della Valgrande (http://www.comuniterrae.it/punto/pizzo-marona/):
La presenza di
un luogo di culto sulla sommità del Monte Marona è attestata già nel
XV secolo. In particolare la denominazione «Ecclesia Maronae»
compare tra i toponimi riportati in una pergamena del 1434. Dai
documenti d’archivio si desume che nel 1717 sulla vetta era presente
un «piccolo muricciolo col Crocifisso» che aveva anche la funzione
di confine. Nel 1827 è attestata invece la presenza di un edificio
che fungeva da cappella. La devozione dei fedeli, provenienti sia
dalla Valle Intrasca che dalle valli circonvicine, era testimoniata
dalle elemosine e dagli oggetti lasciati in dono. Nei mesi estivi
venivano intraprese numerose processioni, sia comunitarie, sia da
parte di piccoli gruppi di fedeli, specialmente con la finalità di
invocare la pioggia nei periodi di siccità. In alcune occasioni, il
tanto venerato Crocefisso che vi era conservato veniva trasportato
fino alla Cappella del Pian Cavallone, incontrando il favore dei
fedeli che nel corso degli anni accorrevano a queste celebrazioni in
numero sempre maggiore.
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La cappella del Pizzo Marona come appariva prima della distruzione operata nel 1944 dai nazifascisti
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L’origine della devozione al Crocifisso e le motivazioni che portarono alla costruzione della cappella sulla cima del Pizzo Marona trovano una spiegazione in una tradizione orale tramandata dagli anziani del comune di Crealla (che, tra l’altro, fa risalire la cappella agli inizi del 1800). La pubblico come viene riportata da Fabio Casalini in un articolo sul blog “viaggiatoriignoranti.it” (https://www.viaggiatoriignoranti.it/2013/09/la-montagna-dei-misteri.html):
Il motivo per cui fu costruita è il seguente: ad un cacciatore capitò di trovare (non si sa come) un crocifisso in cima alla Marona; lo portò a casa. Il cacciatore dopo poco tempo cadde malato. La malattia durò molto tempo. Un giorno in piena agonia al cacciatore venne l’idea di riportare il crocifisso nel luogo nel quale lo aveva trovato, facendo ricadere su questo la colpa della malattia. Il giorno seguente mano a mano che saliva in prossimità della vetta la malattia lo abbandonava. Il giorno seguente era completamente ristabilito. Il fatto suscitò grande scalpore nel paese di Crealla e nella vicina Gurro, tanto che il crocifisso divenne oggetto di culto sino a quando si decise di costruire una cappella sulla sommità della vetta.
Tuttavia ho trovato altre fonti che motivano diversamente la costruzione della cappella. Ad esempio, Paolo Crosa Lenza, nella sua guida della Val Grande, riporta una leggenda che, oltre a spiegare la costruzione della cappella, illustra anche l’origine dei nomi dei due passaggi che precedono di poco la vetta del Pizzo Marona, la “Scala Santa” e il “Passo (Ponte) del Diavolo” (Paolo Crosa Lenz, VAL GRANDE. Escursioni storia natura – Edizioni GROSSI, Domodossola, 1996 – pp.210-211):
La costruzione della cappelletta è legata alla leggenda della “scala santa” e del Passo del Diavolo, lo stretto intaglio sulla cresta tra la Cugnacorta e la Marona. La leggenda narra di un cacciatore che, impossibilitato a superare un baratro fra quelle rocce, fece un patto con il diavolo: il maligno avrebbe costruito un ponte in cambio dell’anima del primo che l’avesse percorsa (sic). Il giovane mandò avanti il cane, gettando un sasso per farselo riportare. Gli alpigiani che lo seguivano videro, sulla scalinata che precedeva il ponte, una visione luminosa che li guidò sull’abisso. Ancora oggi la “scala santa” permette di raggiungere la vetta della Marona dove fu eretta una cappelletta per ricordare l’evento e fu dedicata alla Madonna della brascarola, la pentola forata per cuocere le caldarroste.
Va detto però che, secondo Ferruccio Rossi (creatore e autore del sito "in-valgrande.it"), questa dedicazione della cappella alla Madonna della Brascarola non sembra avere riscontri, per lo meno nella Valle di Falmenta. E infatti nella foto qui sopra la cappella è indicata come Cappella del S.S. Crocifisso. (https://www.in-valgrande.it/bivacchi/cappella-della-Marona.html)
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Un'altra immagine della cappella e del panorama in una vecchia cartolina
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La leggenda del Ponte del Diavolo è riportata più diffusamente su un interessante documento illustrato (di cui non ho trovato alcuna indicazione che possa collocarlo nel tempo) presente nell’archivio fotografico del sito “comuniterrae.it” già citato all’inizio (e che ribadisce anche la dedicazione della cappella alla Madonna della Brascarola, qui detta Bruscarola):
Come le grandi opere che i Romani fecero sulla superfice (sic) del mondo, e che ancor oggi destano l’ammirazione della scenza (sic) , anche questo ponte naturale divenne oggetto d’una medioevale leggenda: e la ignorante meraviglia de (sic) creduli montanari l’attribuì all’opera d’una potenza sovrumana, e vi tessé una di quelle leggende infernali, sì frequenti e diffuse fra le popolazioni alpine. Sul sentiero che attualmente conduce al PIZZO MARONA esisteva un abisso insormontabile che i cacciatori non potevano assolutamente valicare per la caccia di pernici e fagiani che abbondavano nella zona MARONA-ZEDA. Quando un bel giorno, si presentò a un cacciatore giunto sul posto, il Diavolo sotto forma di un bel giovane di modi distinti, e gli offrì di costruire un ponte per il passaggio, a un patto solo: gli appartenesse l’anima del primo essere vivente che avrebbe valicato il ponte. L’affare fu tosto concluso, e Satana aiutato dai suoi compari si mise subito al lavoro, e nella notte con grossi macigni colmò l’abisso unendo così le due parti della montagna. Il cacciatore accompagnato da alcuni compagni, il giorno seguente si portò sul posto e grande meraviglia provarono vedendo quel passaggio. Ebbene gli gridò Satana che attendeva dall’altra parte del ponte «siete forse voi disposto a sacrificarvi o Cacciatore?». Oibò, rispose gridando quest’ultimo: e preso da terra un sassolino lo buttò di là dal ponte, gridando al cane che lo accompagnava – Corri Fido! E Fido vittima della sua obbedienza, passò il ponte: Era il primo essere vivente! Satana corbellato così destramente tentò con furore di disfare l’opera sua ma era così ben saldata che non fe’ che graffiarsi inutilmente le dita, e giurando vendetta corse a chiedere l’aiuto dei suoi compari. La notizia si sparse rapidamente per le valli: dalle loro baite i montanari affluirono al PIAN CAVALLONE, indi, in lungo corteo, guidati dal loro Parroco s’incamminarono sul luogo. Grandi difficoltà incontrarono per scalare la ripida parete precedente il ponte, quando una meravigliosa visione apparve guidando il loro cammino su una rozza scala tagliata nella roccia che li portò rapidamente sul posto. Questo passaggio benedetto che fù (sic), prese il nome di Scala Santa. Il ponte fù (sic) benedetto con gran solennità, e Satana che con i suoi compari già stava iniziando l’opera di distruzione scappò a gambe levate: così il ponte fù (sic) salvo. In seguito sulla vetta della MARONA a 2056 m.s.m. come ringraziamento fù (sic) costruita una Cappelletta dedicata alla Madonna della «Bruscarola» (la padella usata dai montanari per la cottura delle castagne) che ancor oggi è meta di numerosi pellegrinaggi e amici della montagna, dove si contempla il meraviglioso panorama del Lago Maggiore e delle Alpi.
A proposito delle ultime affermazioni sui pellegrinaggi e sulle escursioni al Pizzo Marona devo dire che, se le salite escursionistiche continuano ancora oggi numerose, dei pellegrinaggi non ho trovato alcuna notizia recente. Secondo Fabio Casalini, il cui articolo già citato risale al 2013, alla cappella vanno in pellegrinaggio ancora oggi gli abitanti dei paesi di Crealla e Gurro. Ferruccio Rossi, invece, nella pagina del suo sito già citata, parla di questi pellegrinaggi al passato (e allarga il numero dei paesi partecipanti anche a Falmenta, Socraggio, Aurano, Scareno e Intragna). L’idea che i pellegrinaggi siano ormai cessati (tra l’altro dovrebbero svolgersi su sentieri per escursionisti esperti!) viene confermata da due articoli che ho trovato su un opuscolo stampato a cura del Comune di Verbania nel 2007 e dedicato al Monte Zeda. In questi due articoli (La cresta Nord della Zeda di Silvano Dresti e Ritorno al Monte Marona di Bruno Caretti) si parla sì dei pellegrinaggi alla cappella del Pizzo Marona, ma sempre usando il passato. Scrive Silvano Dresti: In passato era consuetudine di alcuni paesi della Cannobina (Falmenta, Crealla, Socraggio e Gurro), ma anche di Aurano, Scareno, Intragna recarsi nel mese di agosto alla cappella della Marona e partecipare alla S. Messa. E Bruno Caretti, il cui articolo era originariamente apparso nel 1958 sull’oposcolo “Il pettirosso”, racconta: Arrivati a Pian Cavallone e costeggiato il fianco del Todano iniziammo il tratto più faticoso del cammino pensando a quanto doveva essere profonda la devozione se tutti gli anni, accompagnati dai rispettivi parroci, molti abitanti dei paesi della valle, alcuni dei quali digiuni affrontavano questa fatica, recitando rosari e trasportando sacchetti di sabbia per il restauro della cappella a Gesù crocifisso, per assistere alla messa e ricevere i sacramenti.
Quando parla dei sacchetti di sabbia, penso che Bruno Caretti faccia riferimento ai pellegrinaggi del secondo dopoguerra. Scrive infatti Silvano Dresti: Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale alcuni alpigiani parteciparono al pellegrinaggio portando sacchetti di sabbia, necessari per la ricostruzione della cappella, distrutta dai tedeschi. Più tardi, però, la tradizione dei pellegrinaggi deve essere cessata, almeno stando a quanto scrive Bruno Caretti nel 1958. Quando arrivano in cima al Pizzo Marona, lui e i suoi amici restano profondamente amareggiati dalla sporcizia e dal disordine che trovano davanti alla cappella ma, soprattutto, da quello che vedono dentro: escrementi di pecore e di capre, resti di fuochi accesi e avanzi di “pranzi al sacco” coprivano il pavimento. Oggi, per fortuna, le cose non sono più così desolanti: la cappella è stata restaurata negli anni Ottanta dal Comune di Intragna e inaugurata nel 1985; il sentiero di accesso è stato attrezzato nel 1989 dalla Comunità Montana Val Grande e viene mantenuto pulito (probabilmente a cura o su incarico del Parco Nazionale della Val Grande). Insomma: se non più per motivi legati alla devozione cristiana, il Pizzo Marona (o più semplicemente “la Marona”) continua a essere meta degli amanti della montagna e, in particolare, dei monti della Val Grande.
Infine, a proposito della cassetta con i resti di un ignoto partigiano conservata all'interno della cappella, voglio qui ricordare (come ho già fatto nella relazione) che la Val Grande fu teatro di una significativa attività partigiana durante gli anni della Resistenza. Per questo rinvio alla pagina del sito che ho dedicato a questo argomento. Per consultarla, cliccare qui.
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Qui sopra: un'immagine relativa a un pellegrinaggio alla Marona del 1929. A destra: il documento illustrato con la leggenda del Ponte del Diavolo.
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NOTE 1. L'opuscolo dedicato al Monte Zeda è oggi reperibile on-line sul sito del Cai Verbano (https://www.caiverbano.it/images/imageuser/monte-zeda-una-passione-un-amore-memorie-edizione-2007.pdf). 2. Le immagini in bianco e nero di questa pagina (ad eccezione di quella con le due donne in pellegrinaggio) sono prese dall'archivio fotografico del sito "comuniterrae.it" relativo alla pagina da cui ho ricavato le notizie sulla cappella della Marona; quella delle due donne in pellegrinaggio è ripresa dall'opuscolo dedicato al Monte Zeda reperibile sul sito del Cai Verbano. L'immagine a colori che apre questa pagina è invece una mia fotografia. |
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