Il "Taja Sass" e la fornace di San Tomaso

 

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"Taja Sass" (taglia sasso o taglia sassi) è il termine con cui, nel dialetto locale, viene indicata la località Molinata, nell'omonima valle, a circa 620 m di quota, non lontano dalle case di San Tomaso. L'origine del nome è presto spiegata: sul posto, nelle vicinanze del torrente Inferno, si trovavano (e in parte si trovano ancora) diversi massi erratici (alcuni piuttosto grandi) di "serpentino", una roccia appartenente alle cosiddette "pietre verdi", ricercata e apprezzata nei settori dell'edilizia e dell'arredo urbano e funerario. Tra la fine dell'Ottocento e i primi anni della seconda guerra mondiale, alla Molinata operarono in successione varie imprese di pochi addetti impegnate nel taglio dei massi e nel trasporto a valle dei blocchi così ricavati. L'ultima impresa concluse i lavori nel 1942 a causa dell'incalzare degli eventi bellici. L'attività di taglio è ben illustrata da un pannello del "Percorso dei massi erratici".

In questa immagine, che ho fotografato dal pannello presente sul posto, è ricostruita l'attività del taglio dei massi di serpentino alla Molinata. In alto a sinistra è visibile una piccola casa che serviva da magazzino e da alloggio per gli operai; ora non esiste più perché era diventata un rifugio dei partigiani e venne distrutta durante la guerra. Sulla sinistra, in basso, si vede il taglio di un blocco di serpentino, che avveniva col metodo del filo elicoidale. Il blocco tagliato veniva trainato fino al piano di carico con un argano azionato a mano; il suo scorrimento veniva facilitato da cilindri di legno. Infine il blocco veniva caricato su un massiccio carro di legno trainato dai buoi fino a San Tomaso e poi a Valmadrera.

A sinistra abbiamo una visione d'insieme della località "Taja Sass". Si può notare che alcuni blocchi già tagliati e squadrati siano stati lasciati sul posto: non è dato di conoscere il perché di questa decisione comunque costosa, perché il taglio di un blocco richiedeva molto tempo. A destra vediamo uno dei blocchi (è quello che si vede frontalmente nella foto a sinistra) posto sul piano di carico davanti alla stradina che porta a San Tomaso. Il blocco ha notevoli dimensioni (270x50x70 cm) e pesa 25 quintali.

La fornace di San Tomaso

A breve distanza dal "Taja Sass", lungo la stradina che porta a San Tomaso, è stata recentemente (2013) ripristinata una fornace o calchera, cioè un forno per la produzione della calce; su di essa si hanno poche notizie, ma sicuramente fu usata nell'Ottocento per produrre la calce utilizzata per costruire i rustici di San Tomaso.

Queste strutture sono diffuse un po' in tutta la catena prealpina, dove è più facile trovare la materia prima, cioè la roccia calcarea. In genere le calchere avevano una forma "a botte" con dimensioni variabili (3-5 metri di diametro; 2-4 metri di altezza) e venivano costruite preferibilmente su pendii inclinati: in questo modo si doveva scavare di meno e la terra circondava buona parte della struttura in modo da evitare la dispersione del calore. Nella calchera veniva quindi introdotto il materiale da combustione (legname o carbone di legna) e i sassi di calcare da cuocere. La cottura durava diversi giorni (da 3 a 8) e doveva svolgersi a una temperatura costante di 800-1000°C. Al termine, la roccia calcarea (carbonato di calcio) si è trasformata in calce viva (ossido di calcio) che, una volta estratta dalla fornace, doveva subire un'altra fase di preparazione per essere trasformata in calce spenta o morta (idrossido di calcio), cioè nel prodotto finito pronto per l'utilizzo. Per questo i sassi di calce viva, una volta raffreddati, venivano messi in una fossa o in un contenitore di legno e lentamente irrorati d'acqua (operazione rischiosa perché la reazione tra calce viva e acqua è piuttosto intensa e può provocare ustioni).

NOTA. Le informazioni contenute in questa pagina a proposito della fornace sono state ricavate da alcuni siti (wikipedia, santomaso.it, magicoveneto.it, museovalsanagra.it); per il "Taja Sass" sono state ricavate dal sito "santomaso.it" e dal pannello illustrativo posto in loco. Il pannello fa parte del "Percorso dei massi erratici", curato, nell'ambito del "Progetto integrato λario", dalla Comunità Montana Lario Orientale, dalla provincia di Lecco e dall'Azienda Regionale delle Foreste.

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