Uja di Mondrone - Cresta NNO(Cresta dell'Ometto) |
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SCHEDA TECNICA DISLIVELLO: 800 m fino al bivacco, 340 m dal bivacco all'attacco, 350 m dall'attacco alla cima DURATA: 3/3,30 ore per la salita della Cresta dell'Ometto DIFFICOLTA': III (discesa: EE con due brevi tratti di II) AGGIORNAMENTO RELAZIONE: settembre 2004
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Uja di Mondrone (m 2964): che montagna è questa? dove si trova? Temo che solo i lettori piemontesi di questo sito sappiano di cosa sto parlando. Eppure si tratta di una montagna davvero bella e anche interessante dal punto di vista alpinistico, che con la sua “attraentissima piramide” (così la definisce la guida del CAI/TCI) domina, ben visibile da un buon tratto del fondovalle, la Val d’Ala (una delle tre valli di Lanzo, in provincia di Torino). In realtà siamo ben lontani dalle zone più note dell’alpinismo moderno e probabilmente anche le vie (belle e impegnative) che superano le sue pareti Nord e Nord-Est, pur portando la firma di alpinisti assai noti (ad esempio Gian Piero Motti e Guido Rossa), sono ben poco conosciute. Un tempo, quando arrampicavo di più (e più forte) di adesso, avevo messo la via “Rosenkrantz” (D) nei miei programmi, poi non se ne era fatto nulla e l’Uja era finita nel dimenticatoio. Me ne sono ricordato quest’estate (2004) alla ricerca di un’arrampicata tecnicamente non difficile “in ambiente”, tra montagne un po’ dimenticate e solitarie, per me così cariche di fascino. Infatti anche l’alpinista medio (secondo il vecchio concetto di “alpinista medio”) può trovare su questa montagna una bellissima salita: la cresta NNO, detta “dell’Ometto”, offre infatti un’arrampicata divertente su ottima roccia (un bel serpentino rossastro). La guida del CAI/TCI la definisce “una delle più classiche salite delle Valli di Lanzo”. Sarà anche una “classica”, ma certo non è molto ripetuta, almeno stando alle firme sul libro del bivacco Molino. Nel 2003 ho contato quattro salite; nel 2004, almeno fino all’inizio di settembre, solo una (prima della nostra). Naturalmente la firma sul libro del bivacco non è un obbligo e qualcuno, fortissimo, potrà anche farsi tutta la salita in giornata: dubito però che i numeri possano cambiare di molto. La salita della cresta dell’Ometto presenta difficoltà pressoché omogenee di III grado (mai di più). Lungo la via qualche bollo un po’ sbiadito indica il percorso che, a parte la traversata a metà salita, è piuttosto evidente. Non ci sono chiodi; spuntoni e fessure offrono comunque ottime possibilità di assicurazione e autoassicurazione. Molto utili cordini o fettucce lunghi; noi abbiamo anche utilizzato alcuni nut (eccentrici della Camp n. 4-7) e friend (n. 2 e 4 della Ande). Ad inizio stagione il ripido pendio che sale al Passo dell’Ometto (visibile da diversi punti del fondovalle) e alcuni tratti della discesa possono essere innevati, per cui occorre regolarsi di conseguenza. Punto di appoggio è il bel bivacco Bruno Molino, del CAI Lanzo (tel. 0123.320117, aperto il venerdì sera). Si tratta di un’ampia costruzione in legno col tetto in lamiera, con 24 posti su tavolato (materassi, cuscini e coperte) e un tavolo. Non c’è attrezzatura per far da mangiare e quindi bisogna, volendo, portarsi il necessario. ATTENZIONE: durante l’estate la sorgente più vicina al rifugio si esaurisce (si trova pochi metri sulla destra del piccolo ripiano erboso con muretto di pietre che si incontra qualche minuto prima di arrivare al bivacco). In questo caso è meglio fare scorta d'acqua alla sorgente che si trova nel piano acquitrinoso (m 2040) che si incontra subito dopo l’Alpe le Piane. Trovare questa sorgente è facile: basta seguire il letto del ruscello che attraversa il pianoro in direzione dei grandi massi da cui scaturisce. Un ometto indica il punto migliore dove attingere l’acqua (è bene avere un recipiente basso per poter riempire agevolmente le borracce). Raggiunta la Val d’Ala, si segue la strada fino alla frazione di Chialambertetto (m 1354), pochi chilometri prima di Balme; da qui, abbandonato il percorso principale, si traversa la Stura e si imbocca una strada asfaltata (la vecchia strada, abbandonata in questo tratto dopo l’ultima alluvione) tornando verso valle per qualche centinaio di metri fino ad incontrare, sulla sinistra, la sterrata che sale a Molera. Il sentiero parte poco a monte dell’ultimo tornante prima delle case. L’inizio è segnalato da una grossa bacheca in legno con le indicazioni per la salita al Bivacco Molino e all’Uja di Mondrone. La possibilità di parcheggio è assai limitata. A questo punto si può giungere anche partendo da Molette (m 1341), la frazione che precede Chialambertetto. Un sentiero (indicazioni) conduce fin nei pressi del penultimo tornante della sterrata, lungo la quale si arriva in breve alla bacheca di cui sopra. La salita al bivacco Molino non presenta particolari problemi, perché il sentiero è evidente e ben segnalato. Procedendo tra gli alberi lungo il fianco abbastanza ripido della montagna, il sentiero giunge all’Alpe Pian del Bosco (m 1673); quindi riprende a salire proprio dietro le baite, sempre su terreno abbastanza ripido. Si procede dapprima sulla destra idrografica di un canalone secco, poi si passa sotto una paretina chiara e, più in alto, alla base di un grande macigno strapiombante oltre il quale si raggiunge un avvallamento caratterizzato da giganteschi massi di serpentino rossiccio. Qui si trova (m 2010) un bivio segnalato. Lasciato a sinistra il sentiero della via normale dell’Uja di Mondrone, si piega a destra, si raggiungono in breve le case diroccate dell’Alpe le Piane (m 2030) e poi un pianoro spesso acquitrinoso (m 2040 circa), in fondo al quale, presso un grande masso, si trova una sorgente d’acqua freschissima. Attraversato il pianoro verso NE, il sentiero oltrepassa il valloncello del Rio Maian e quindi, volgendo a NNO, ne risale la sponda sinistra orografica fino a sbucare in un piccolo ripiano erboso con un muretto di pietre. Qui si incontra un altro bivio: proseguendo diritti si sale al Passo dell’Ometto (ben visibile con la caratteristica guglia rocciosa che gli ha dato il nome), girando a sinistra, in pochi minuti si arriva al bivacco Molino (m 2280 – ore 2,30 da Molera). Dal bivacco si torna al bivio sul piccolo ripiano e si riprende il sentiero verso il Passo dell’Ometto. Il percorso, per evitare i grossi blocchi della pietraia alla base della parete Nord-Est dell’Uja di Mondrone, si tiene sulla sinistra idrografica del vallone che conduce al colle; infine risale l’ultimo ripido pendio erboso/detritico raggiungendo il passo (m 2618 – 1 ora dal bivacco Molino). Dal Passo dell’Ometto si aggira sulla destra l’ardito spuntone che incombe sul colle e, subito dopo (un masso con bollo rosso indica il punto migliore), si risale in cresta e la si segue arrampicando fin quando diventa orizzontale. Dopo un tratto “camminabile”, la cresta riprende a salire: la si segue senza problemi di itinerario: ci sono alcuni bolli sbiaditi, ma soprattutto non ci sono difficoltà ad individuare il percorso più facile (le difficoltà sono tra il II e il III grado). A circa metà salita ci si trova su una sorta di terrazza/cengia dominata da placche ripide e compatte sopra le quali incombe un alto torrione della cresta O (sulla destra ci sono due grossi massi in bilico). A questo punto bisogna traversare a sinistra per circa 35 metri, all’inizio camminando e poi con facile arrampicata, fino ad un ometto posto su una crestina (un ometto si trova anche all’inizio della traversata, lungo la quale si trovano ancora alcuni bolli sbiaditi). Dall’ometto si scende qualche metro, si traversa il fondo di uno stretto canale su cui incombe un grosso masso incastrato e, superata una bella placca abbastanza ripida ma ben appigliata, si raggiunge il filo della cresta che sale a sinistra (direzione di marcia) del canale che si è traversato. Ora si segue questa cresta di roccia salda e più ripida del primo tratto della via. L’arrampicata è molto bella, le difficoltà si tengono pressoché costantemente sul III, il percorso (lungo il quale sono sempre presenti alcuni bolli sbiaditi) non pone particolari problemi perché si tratta di seguire abbastanza fedelmente il filo (gli eventuali spostamenti a destra o a sinistra sono evidenti). Alla fine la cresta diventa elementare e conduce direttamente in cima (m 2964 - 3/3,30 ore dall’attacco). La DISCESA avviene lungo la via normale del versante Sud-Est (EE con due brevi tratti di II). Questo versante è costituito da un’inclinata parete triangolare alta circa 500 metri, caratterizzata da canali, terrazze erbose o detritiche e paretine rocciose. La via è segnalata in rosso, ma in diversi punti i segnavia sono sbiaditi o consumati. Ci sono anche numerosi ometti, che però in alcuni punti noi (che scendevamo nella nebbia) abbiamo fatto un po’ di fatica a individuare. Dalla cima si scende lungo la cresta Sud per alcune decine di metri di dislivello (fino a circa 2900 m), quindi ci si abbassa a sinistra per terrazze erbose e detritiche fino ad incontrare un passaggio roccioso: si tratta di abbassarsi verso destra, sotto un salto strapiombante, lungo una lama e poi una placca (II). Si prosegue scendendo dapprima direttamente poi piegando ancora a sinistra fino all’apice di una ripida paretina rocciosa. Anche questo passaggio si scende da sinistra a destra (II). Si continua quindi a scendere verso sinistra per terrazze erbose e detritiche avvicinandosi alla cresta Est della montagna, fin quasi a raggiungerla in un punto caratterizzato da un acuminato spuntone. A questo punto si scende un lungo (saranno 200 metri di dislivello) e non difficile canale di roccia e detriti fino alla base della parete (m 2450 circa). Da qui, un po’ a sinistra dello sbocco del canale, si raggiunge (ometto) un buon sentiero che permette di scendere il pendio di erba e detriti posto alla base della parete. A quota 2080 m circa si piega decisamente a sinistra e si raggiunge l’avvallamento con grossi massi di serpentino dove si incontra il sentiero di accesso al bivacco Molino. Seguendolo in discesa, si torna al punto di partenza presso Molera (3 ore dalla cima). NOTA NATURALISTICA: la zona intorno al bivacco è popolata da una nutrita colonia di stambecchi (femmine e piccoli). Nel tardo pomeriggio scendono a pascolare sui prati antistanti il bivacco: è uno spettacolo ammirare soprattutto i giochi dei piccoli, che si rincorrono tra l'erba e le rocce sotto lo sguardo vigile delle "mamme" e delle "zie". Altri stambecchi (sempre femmine e piccoli) ci hanno "accolto" al mattino nei pressi del Passo dell'Ometto. Ma la sorpresa più incredibile l'abbiamo avuta al mattino, appena svegliati: una femmina pascolava davanti al bivacco e quando siamo usciti, invece di fuggire, è rimasta lì, continuando tranquillamente le sue attività, forse solo attendendo che quei due "bipedi" se ne andassero per la loro strada, lasciandole libero il terreno.
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BIBLIOGRAFIA: Giulio Berutto, Lino Fornelli, ALPI GRAIE MERIDIONALI, Guida dei Monti d'Italia, CAI/TCI, 1980 Istituto Geografico Centrale, Torino, VALLI DI LANZO E MONCENISIO, cartina 1:50.000
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