Salita al Buco di Viso e Colle delle Traversette

 

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A sinistra: salendo verso il Colle delle Traversette lungo la vasta pietraia dopo il Pian Mait. In alto, un po' sulla sinistra della foto, si può notare la piccola caserma della Guardia alla Frontiera, istituita nel 1934 per presidiare i confini. Nella foto a destra vediamo meglio la caserma (foto scattata con il teleobiettivo dallo stesso punto della foto a sinistra).

Due immagini della piccola caserma, ormai in rovina. Il cartello ben visibile nella foto a sinistra avvisa che l'edificio è pericolante e vieta di accedervi. Nelle vicinanze della caserma si trovano ancora alcuni tratti di filo spinato.

Nella foto a sinistra vediamo l'ingresso del Buco di Viso dal versante italiano. A destra: una foto all'interno del traforo. Il tunnel naturale, scavato nella roccia, è lungo circa 75 metri, è largo da 180 a 250 centimetri e alto in media 2 metri.

Il Buco di Viso (o Tunnel delle Traversette) è considerato il primo traforo dell'arco alpino. Fu infatti nel 1475 che il Marchese di Saluzzo, Ludovico II, decise di realizzare l'opera per agevolare il trasporto del sale dalla laguna di Berre (vicino a Marsiglia) al proprio piccolo Stato. Il sale era allora indispensabile per la conservazione degli alimenti e anche come complemento alimentare del bestiame (per questo motivo il traforo era anche conosciuto come "Tunnel du Sel"). Scopo del marchese era quello di evitare il pagamento delle gabelle imposte dal Ducato di Savoia (più a Nord) e dal Delfinato (più a Sud). Si trattava inoltre di rendere più rapido il viaggio delle merci e di diminuire i pericoli dello scavalcamento del Colle delle Traversette, specialmente in presenza di neve. L'opera fu approvata anche dal Parlamento di Grenoble e poi da Luigi XI, Re di Francia, che ne riconobbero il valore strategico (l'accordo per la sua realizzazione fu sancito ad Arles nel settembre del 1478). I lavori iniziarono nell'estate del 1479 e vennero completati alla fine dell'estate successiva, nel 1480. Un tempo da record, specie se si considerano il luogo (siamo a quasi 2900 m di altitudine) e i mezzi rudimentali dell'epoca (la polvere da sparo era conosciuta, ma non ancora utilizzata in campo minerario). Lo scavo fu realizzato facendo uso di picconi e scalpelli e forse anche utilizzando una tecnica mineraria consistente nel surriscaldare la roccia col fuoco e poi nel raffreddarla bruscamente con acqua e aceto. Nel corso del tempo, la galleria fu percorsa da eserciti e merci di ogni genere (vino, riso, canapa e olio di noce verso la Francia; sale, stoffe, broccati e cavalli verso l'Italia). Periodi di chiusura, a causa di ostruzioni naturali o provocate, si alternarono a successive riaperture fino al primo ripristino a scopo turistico ad opera del CAI nel 1878. Nel XX secolo si sono succeduti diversi interventi di ripristino perché il traforo ha continuato periodicamente a ostruirsi dal lato francese a causa di smottamenti e cedimenti strutturali provocati dalle particolari condizioni ambientali e climatiche dell'alta quota. Così, in anni recenti, la Regione Piemonte ha sentito «la necessità di risolvere il problema del transito all'interno del tunnel in maniera definitiva», considerando il Buco di Viso come «punto nodale di due itinerari di interesse internazionale» (il Tour del Monviso e la Via Alpina). Dopo la firma di una convenzione transfrontaliera (estate 2013), i lavori sono stati realizzati nel 2014. Sul lato italiano sono stati disgaggiati alcuni massi ritenuti instabili ed è stata collocata una rete metallica sulla parete sopra sopra l'ingresso per trattenere eventuale materiale roccioso; all'interno del tunnel è stato ripristinato il piano di calpestio del XV secolo con un intervento di carattere archeologico; sul lato francese è stato realizzato l'intervento più consistente e quello che ha fatto più discutere. E' stata rifatta in cemento armato la galleria artificiale in pietra a secco «che già storicamente aveva la funzione di preservare l'uscita da problemi di ostruzione». La scelta del cemento armato, esteticamente davvero problematica, è stata giustificata col fatto che il passaggio in pietra a secco «non aveva la struttura adatta a resistere a lungo sotto l'azione di tali forze naturali» [pietrame, neve, azione accumulatrice del vento]. L'attuale galleria artificiale (23,5 m) è anche più lunga di quella tradizionale per permettere «di sbucare in una zona non più a rischio ostruzione».

NOTA. Le notizie qui riportate sono state ricavate (integrandole con spunti tratti da Wikipedia) da un opuscolo della Regione Piemonte - Direzione Opere Pubbliche Difesa del Suolo Economia Montana e Foreste (rintracciabile in rete).

Ancora due foto del Buco di Viso, ma in territorio francese. A sinistra vediamo il prolungamento in cemento armato realizzato in anni recenti (vedi sopra) per difendere l'uscita dai continui smottamenti del terreno. A destra: l'arco in pietra a secco con cui si è voluta ridare una certa "naturalità" all'ingresso da questa parte del tunnel. Forse si poteva fare qualcosa anche per mascherare il cemento armato del prolungamento, attutendo l'impatto visivo dell'opera.

A sinistra: salendo al Colle delle Traversette dal versante francese. Il percorso si svolge senza difficoltà su un pendio detritico non molto ripido (ci sono dei segnavia gialli). A destra: in discesa dal colle sul più ripido versante italiano. Questa foto non rende pienamente il carattere di questo versante che, in realtà, presenta qualche tratto più esposto. Per questo ho scritto nella relazione che è meglio salire dal versante italiano e scendere da quello francese.

Due esemplari di Salamandra di Lanza (Salamandra lanzai) fotografati a circa 2500 m di quota (la specie vive tra i 1200 e i 2600 m) durante la quinta tappa, lungo il sentiero tra il bivio per il Buco di Viso e quello per il Colle Armoine. Questa specie è un endemismo delle Alpi Cozie (Val Germanasca, Valle Po, Val Pellice, Val Sangone e Valle del Guil, in Francia). E' molto simile alla Salamandra alpina (Salamandra atra), di cui però ha una taglia maggiore (può arrivare fino a 17 cm di lunghezza mentre la Salamandra alpina non supera i 15 cm). La differenza più evidente, anche agli occhi di chi (come me) non è un esperto, è nella punta della coda: nella Salamandra di Lanza l'apice è arrotondato (si vede meglio nella foto a sinistra), mentre nella Salamandra alpina è a punta. Va anche detto che è diverso l'areale di distribuzione: la Salamandra alpina non è presente nelle Alpi del Piemonte Occidentale, mentre la Salamndra di Lanza si trova solo nelle aree delle Alpi Cozie sopra indicate (qui si trova anche la Salamandra pezzata, caratterizzata dalle inconfondibili macchie gialle più o meno ampie distribuite sul corpo, nero come nelle altre specie). Le informazioni che ho riportato sono state ricavate dalla bella guida Gli anfibi e i rettili delle Alpi (Stefano Bovero, Laura Canalis, Stefano Crosetto; BLU EDIZIONI, 2013).

Salendo verso il Colle Armoine nel corso della quinta tappa e guardando a Sud-Est verso il Pian del Re si può notare questa strana costruzione di cemento armato, ormai ridotta a un rudere. Si tratta dell'opera 220 del Vallo Alpino, un sistema di fortificazioni a difesa del territorio italiano costruita negli anni del Fascismo a partire dal 1931 e presidiata dai reparti della Guardia alla Frontiera (GaF), costituita nel 1934. Le opere vicine al confine (come quella che vediamo nelle foto) furono distrutte in base al trattato di pace del febbraio 1947. Entrambe le foto sono state scattate con il teleobiettivo perché la struttura è molto lontana dal sentiero che si percorre per salire al Colle Armoine.

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