Una visita a Campello Monti

 

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Ha scritto Beatrice Canestro Chiovenda che Campello “è un paesino che sembra creato dalla fantasia di un poetico illustratore di antiche fiabe” (1). C’è indubbiamente molto amore in questo paragone, ma devo dire che anch’io sono rimasto affascinato da questo piccolo villaggio sin dalla prima volta che l’ho visto. Sono poche case immerse nel verde al termine della strada che risale la Valle Strona, ma hanno un’eleganza particolare e una certa raffinatezza, con i loro colori delicati, con i tetti in pietra, con certi piccoli dettagli decorativi. Anche la chiesa (un tempo parrocchia) ha una sua particolare bellezza, soprattutto per la ricchezza dell’arredamento. Il paese si spopola in inverno (nemmeno la strada è aperta fin quassù nella stagione fredda), ma rivive nella bella stagione, quando i proprietari delle case vi tornano per la villeggiatura.

 

Le origini del villaggio sono antiche e risalgono ai tempi della colonizzazione walser di questa parte delle Alpi italiane. Scrive in proposito Paolo Crosa Lenz: “Nel 1256 coloni walser provenienti dalla valle di Visp, di Saas e del Sempione costituiscono una società colonica che prende in affitto ereditario l'alpe Rimella [in Val Mastallone, una laterale della Valsesia, collegata alla Valle Strona attraverso la Bocchetta di Rimella o di Campello]. [...] Nella prima metà del XIV secolo i Walser di Rímella acquisiscono diritti sugli alpi di Campello e ne iniziano un utilizzo sistematico. Un documento del 1432 cita per la prima volta il toponimo di "Campello", mentre un'altra pergamena del 1448 attesta la definitiva concessione della testata della Valle Strona ai Walser di Rimella. La comune origine da un'impresa colonica di dissodamento di quei "luoghi alti" è attestata anche dall'usanza di trasportare i morti campellesi a Rimella fino all'anno 1551, quando un vescovo di passaggio consacrò un pezzo di terra per collocarvi un cimitero. [...] Il modello economico basato su un'esile agricoltura e su un esteso allevamento, entrò in crisi con la "piccola età glaciale" nel XVIII-XIX secolo che abbassò il limite delle colture e ridusse la produttività dei pascoli. La risposta della comunità all'irrigidimento climatico fu l'emigrazione stagionale e permanente, il lavoro nelle miniere [tra la metà dell’Ottocento e il 1946 furono sfruttate quelle di nichelio]. A questo si aggiunsero quattro calamità in poco più di un secolo: nel 1701 una grande valanga si abbatté sul Gabbio travolgendo uomini, case, bestiame; nel 1755 e nel 1781 violente alluvioni travolsero il villaggio; nel 1843 un furioso incendio distrusse 15 abitazioni. Con caparbietà e determinazione Campello fu sempre ricostruito, confermando il paradigma culturale sulla tenacia dei coloni walser nella continua sfida con l'alta montagna.

 

Calamità ed emigrazione (un'emigrazione mercantile che portò i campellesi a fare fortuna in Europa) segnarono il destino storico del villaggio: il progressivo spopolamento fino all'estinzione. Pochi dati sono significativi: 192 abitanti nel 1811, 84 nel 1880, 54 nel 1925, 1 nel 1973. La seconda metà dell'Ottocento è il periodo d'oro di Campello: grosse ricchezze dovute agli emigranti di ritorno affluiscono a quel villaggio perso tra le nuvole; vengono costruite le grandi ville e una rustica aristocrazia trascorre le estati tra banchetti e ricevimenti, champagne e belle époque.” (2)

 

Campello Monti come appare visto da Sud-Ovest e precisamente dai pressi dell'Alpe del Vecchio, sul sentiero che porta alla Colma di Rimella. Staccata dalle altre case si nota l'aristocratica Villa Bordo, costruita alla fine dell'Ottocento da una ricca famiglia di campellesi emigrati.
   
Campello Monti visto da Sud-Est, dal piccolo ripiano presso l'Alpe Pennino Grande che si tocca salendo al Monte Capio lungo l'itinerario del Vallone del Rio dei Dannati. Sopra il paese si notano due paravalanghe in cemento armato, certamente poco estetici ma necessari alla salvaguardia delle abitazioni.
   
Un particolare del paesino visto da Nord-Ovest, dal sentiero che sale al Lago di Ravinella.
   
Ancora dal sentiero che sale al Lago di Ravinella: in evidenza è soprattutto la chiesa con la sua semplice struttura.
   

Al centro del paese sorge la chiesa (ex parrocchiale) dedicata a San Giovanni Battista, edificata in stile tardo-barocco nel 1749. L’interno colpisce per la ricchezza delle decorazioni e dei paramenti sacri (in tal senso è considerata la più ricca della valle). Fino al 1973 ospitava addirittura una tela del Guercino, uno dei grandi pittori del Seicento italiano, con San Francesco che riceve le stimmate. Oggi se ne può vedere una copia sulla parete del presbiterio, a sinistra (guardando) dell’altare. L’originale ha avuto una storia travagliata: rubato di notte il 26 maggio del 1973, fu ritrovato nel 1998 in Svizzera; l’anno dopo è tornato in Italia ed è stato sottoposto ad un lungo lavoro di recupero e restauro concluso nel maggio del 2005. Tra maggio e luglio del 2006 è stato esposto al Palazzo dei Vescovi di Novara; in autunno andrà a Londra per una nuova mostra. E poi? Al momento non so rispondere a questa domanda; tuttavia ce ne è un’altra che mi incuriosisce: cosa ci faceva un’opera così preziosa nella chiesa di un piccolo villaggio delle Alpi? Era stata donata nel 1895 alla chiesa parrocchiale del suo paese d’origine dal Cav. Francesco Andrea Janetti, titolare, insieme al padre e al fratello, di una ditta aperta a Torino nel 1834. In origine la tela era stata dipinta (nel 1633) per la chiesa di San Francesco a San Giovanni Persiceto, una località in provincia di Bologna che si trova vicino a Cento, il paese natale del Guercino. Fra il 1742 e il 1773 la chiesa fu oggetto di lavori di rifacimento e probabilmente in quel periodo la tela del Guercino sparì dalla sede originaria: dove sia stata tra quella data e il 1895, quando giunse (forse a dorso di mulo o forse sulla spalle di qualche montanaro) a Campello Monti è la seconda domanda a cui non so dare una risposta. (3)

 

Nelle due foto qui sotto: la facciata della chiesa e il suo interno. Nella foto a destra, sulla parete a sinistra dell'altare, si vede la copia del quadro del Guercino con San Francesco che riceve le stimmate.

 

   

Nella foto in alto a sinistra: l'aristocratica Villa Bordo, edificata nel 1890 dalla famiglia Janetti (con la torre in stile fiorentino). Qui sopra a destra: particolare della fontana nel lavatoio che si trova sulla piazzetta della chiesa. Qui a sinistra: un curioso particolare decorativo su due camini.
   
Nella foto qui a sinistra: particolare in una viuzza di Campello. Sotto a sinistra: una raffinata ceramica con la Madonna e il Bambino orna la parete di una casa nei pressi della chiesa. Sotto a destra: la piazzetta con l'ingresso della chiesa: in fondo si vede la facciata di una casa ornata da un affresco.

 

NOTE:

(1) Ho tratto questa citazione da uno dei pannelli con i testi che illustrano la mostra sul "San Francesco ritrovato" del Guercino, allestita a Novara dal 26 maggio al 9 luglio 2006. Il testo si trova nella rivista "Oscellanea" (n.3, 1973) in un articolo (Un furto d'arte in Valle Strona) che riferisce appunto del furto della tela dalla chiesa del paesino.

(2) Paolo Crosa Lenz, LA VALLE STRONA, SENTIERI NELLA STORIA E NELLA NATURA, Alberti Libraio Ed., Verbania, 2000.

(3) Ho ricavato queste notizie dal sito della Comunità Montana della Valle Strona e, soprattutto, dai testi dei pannelli che illustrano la mostra sul quadro del Guercino sopra citata.

 

 

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