Alpe Sassoledo (incisioni rupestri) e Colma di Basangrana

(Val Vigezzo - Piemonte)

 

Escursionismo

 

SCHEDA TECNICA

DISLIVELLO: 1050 m fino all'Alpe Sassoledo; 1520 m fino alla Colma di Basangrana

DURATA: 3,30 ore fino all'Alpe Sassoledo; 5 ore fino alla Colma (3 ore il ritorno in entrambi i casi)

DIFFICOLTA': E/EE

AGGIORNAMENTO RELAZIONE: settembre 2002

 

Il simbolo del Parco Nazionale della Val Grande è stato elaborato da un grafico di Luino, Fabio Bellato, prendendo spunto dalle incisioni rupestri alberiformi dell’Alpe Sassoledo, che si trova in Val Vigezzo, quindi non in Val Grande e persino fuori dal parco. Tuttavia da quest’alpe passava una mulattiera che da Verigo saliva alla Colma di Basangrana, uno degli accessi principali della Val Grande per gli alpigiani che vi "entravano" dal versante ossolano. Di quella mulattiera ora non esiste quasi più nulla: anche su di lei il tempo è passato con le sue grandi ali e la natura, "eterna giovinetta", ha ripreso il sopravvento, nascondendo le tracce dell’uomo e del suo passaggio su quest’angolo delle nostre montagne. E’ il destino e, nello stesso tempo, il fascino della Val Grande, che l’Alpe Sassoledo, anche con le sue baite in parte diroccate, condivide e rappresenta.

Come dicevo l’alpe è "famosa" per le incisioni rupestri. La prima volta che ci sono stato sono riuscito a vedere solo quelle che si trovano dietro le case dell’alpe superiore: sono croci, date, iniziali, tracce di una presenza umana che ha voluto lasciare un segno meno labile della sua vita quassù. Non ero riuscito a trovare alcuna delle incisioni più note, eppure, stando alle mie informazioni di allora, dovevano essercene "centinaia". Ci sono tornato quest’anno (settembre 2002) con qualche indicazione più precisa, ricavata dal sito Internet del Parco, dove però non si parla di "centinaia di incisioni sui massi circostanti l’alpeggio" ma, più semplicemente, del "masso" (che finalmente ho trovato) su cui si trovano le incisioni alberiformi.

Non bisogna aspettarsi qualcosa come le incisioni della Val Camonica o della Valle delle Meraviglie (Francia), altrimenti si potrebbe rimanere delusi. Queste incisioni sono comunque la testimonianza dell’antica civilizzazione di queste terre, un segno della secolare presenza dell’uomo tra le nostre montagne. E’ con questo desiderio di conoscere che bisogna avvicinarle, oltre che per soddisfare la curiosità di scoprire uno dei tanti angoli del mondo magico della Val Grande, con le sue suggestioni. Per questo credo che valga la pena proseguire nella salita e, se le gambe ce la fanno, raggiungere la Colma di Basangrana per affacciarsi sulla Val Grande e lasciare, quando la giornata è limpida, che lo sguardo scivoli via verso l’orizzonte più lontano, seguendo il serpeggiante solco della valle.

C’è infine un altro motivo che, a mio parere, rende affascinante questa lunga escursione: sono passato ormai due o tre volte da queste parti e sempre di domenica, ma ho incontrato al massimo un paio di persone. Un grande silenzio e una solitudine profonda sembrano dominare queste montagne, creando un’atmosfera particolare nella quale è bello calarsi, sentendo più forte il respiro antico della natura e dei suoi ritmi. Tutte le montagne hanno il loro fascino, anche quelle più frequentate: eppure credo che poter camminare per ore e ore in luoghi in cui è la natura a proporsi come presenza pressoché unica sia un’esperienza davvero molto bella, quasi necessaria per farci riscoprire una dimensione più autentica del nostro essere nel mondo.

Da Trontano (posto proprio all’inizio della Val Vigezzo, sulla sinistra orografica della valle) si raggiunge in auto (strada asfaltata) la frazione di Verigo (m 591) e si parcheggia in un ampio spiazzo al termine della strada asfaltata, poco oltre le case del piccolo abitato. Si segue a piedi la sterrata che scende a traversare (m 550 ca) il Rio Margologio; superato un cancello (si prega di richiuderlo), si prosegue in salita lungo la sterrata, dapprima piuttosto ripida, fino ad incontrare (m 620 ca) un evidente sentiero che si stacca sulla destra (su una betulla all’inizio del sentiero c’è un bollo rosso, ma dalla strada non si vede perché è dalla parte opposta del tronco!). Seguire questo sentiero che, dopo poche decine di metri, attraversa (attenzione!) i binari della "Vigezzina" e prosegue, tra betulle e castagni, lungo l’ampio costone che delimita, sulla destra orografica, il vallone del Rio Margologio (sugli alberi c’è qualche bollo rosso). Superate alcune baite diroccate, il sentiero diviene una sorta di bella mulattiera e risale dapprima un bosco di aghifoglie e poi una faggeta. Divenuto ancora stretto, ma sempre evidente, si immette (m 980 ca) su un sentiero proveniente da sinistra e poco dopo esce nell’ampia radura inclinata dove sorgono le case dell’Alpe Erta (m 1030) presso la quale si trova una vivace fontana ricavata da un tronco (ore 1,30 da Verigo).

Di fianco alle case più alte si individua un bivio: ignorare la traccia pianeggiante di destra e seguire quella di sinistra, che sale ripidamente ed entra nella faggeta. In questo tratto il sentiero è segnato con un numero maggiore di bolli rossi, ma non sono molto evidenti e qualche volta sono radi e lontani. Purtroppo nella faggeta il tappeto di foglie tende, se la traccia non è molto battuta, a renderla poco marcata: l’orientamento però non è difficile, perché si tratta di seguire sempre il dorso del costone su cui si svolge l’itinerario avendo sulla destra il solco incassato della valle del Rio Margologio. A quota 1450 si sbuca sulla grande radura dell’Alpe Roi, incontrando le prime baite ormai in rovina. Su terreno libero e privo di tracce si sale alle baite più alte (m 1532, ore 1,30 dall'Alpe Erta), alle quali giunge anche, da sinistra, il sentierino che parte dall’Alpe Miucca. Il panorama è bellissimo, specialmente in direzione della Val Vigezzo e sulla piana di Domodossola. Sopra il dosso dell'alpe Noccola, emergono i profili della Weissmies, del Lagginhorn e del Fletschhorn.

Dalla casa più alta e più a sud dell’alpeggio (due bolli gialli), il sentiero (non più di una traccia) prosegue verso sud e sale seguendo ciò che rimane di un muretto a secco. Più avanti il sentiero, diventato più largo ed evidente, entra in un ripido canale roccioso e lo attraversa (un po’ di esposizione in qualche tratto) abbassandosi di una ventina di metri. Divenuto di nuovo una traccia un po’ ingombra di vegetazione, il sentiero traversa il bosco (fin qui ci sono alcuni bolli gialli un po’ sbiaditi) e poi esce sul prato che sale (non c’è più traccia) alle case dell’Alpe Sassoledo superiore (m 1600 ca) che sorgono proprio alla base di una cresta rocciosa che scende dal Pizzo Marcio (ore 0,30 dall’Alpe Roi).

Dietro le case, sulle rocce più basse della cresta sopra citata, si trovano molte incisioni di epoca recente: sono per lo più croci, iniziali e date (XIX e XX secolo). Il masso con le incisioni alberiformi che hanno ispirato lo stemma del Parco si trova più in basso (m 1575 al mio altimetro), all’altezza delle case dell’Alpe Sassoledo inferiore ma sul dosso dove sorgono quelle dell’Alpe superiore (vedi la mappa). Il masso, affiancato da due piccoli larici, è piatto e poco rilevato rispetto al terreno coperto di rododendri. Per approfondire la conoscenza delle incisioni, si rimanda alla pagina nella sezione "Immagini".

Se si vuole proseguire verso la Colma di Basangrana ci si deve portare all’Alpe Sassoledo inferiore. Dalla baita più alta bisogna salire leggermente verso sud, in direzione della Colma, raggiungendo un ghiaione che si traversa lungo una specie di traccia (un paio di piccoli ometti). Oltre la pietraia si trova un’esile traccia (ancora qualche piccolo ometto) che sale tra erba, piante di mirtillo, rododendri e ontanelli. Presso il ruscello si percorrono i resti evidenti dell’antica mulattiera, poi si continua a seguire la traccia fino ad un ripiano con tre ometti. Ora, se il tempo è buono, non ci sono più problemi: il percorso verso la Colma di Basangrana è evidente. C’è qualcosa che somiglia talvolta ad una traccia e c’è ancora qualche ometto, ma di fatto si prosegue a vista, cercando il percorso migliore tra l’erba alta, i mirtilli, i rododendri e le macchie di ontanelli. Un ampio ghiaione si evita sulla destra e, superati i 1800 metri, si incontra il sentiero che, salendo da Trontano, raggiunge la Colma di Basangrana (m 2070).

A questo punto ci sono due possibilità: seguire il sentiero fino alla Colma (ore 1,30 dall’Alpe Sassoledo; molto consigliabile se la giornata è bella), oppure volgere a destra e iniziare il percorso di ritorno. Il sentiero è nel complesso evidente ed è contrassegnato da diversi ometti. Con percorso in parte pianeggiante, in parte in leggera discesa, si raggiunge la Costa dei Bagnoli a m 1760 circa (1 ora dall’Alpe Sassoledo). Scendere qualche minuto lungo la costa fino ad incrociare un bel sentiero. Seguirlo a sinistra e abbassarsi con diversi tornanti fino al pascolo dell’Alpe Campo. Seguire la traccia fino al sentierino (m 1440) che collega i due nuclei di baite; raggiungere le baite sulla destra, proseguire attraverso il pascolo ed entrare nella faggeta. Il sentiero non è segnalato ma è abbastanza evidente: si tratta comunque di perdere quota sempre mantenendosi sul versante destro orografico del vallone del Rio Graia. Senza abbandonare il percorso più evidente, si giunge ai vasti prati dell’Alpe Briasca (m 905 le case più basse; ore 1,30 dalla Costa dei Bagnoli). L’alpe è collegata a Verigo da una sterrata. Non conviene seguirla tutta: dalla curva con la cappelletta, proprio all’uscita dell’alpeggio, parte un buon sentiero che, seguendo il costone boscoso, raggiunge un tornante asfaltato a quota 720 m circa. Da qui conviene seguire la strada; solo dopo la sbarra è possibile ancora qualche deviazione nel bosco (tracce). Si giunge così alla piazzetta di Verigo. Seguendo la stradina asfaltata verso sinistra si arriva sulla strada che proviene da Trontano: volgendo a destra si torna in breve al parcheggio dove si è lasciata la macchina (ore 0,30 da Briasca).

 

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